Dall’illuminotecnica al “light design”

Tutto quello che noi osserviamo in uno spazio: volumi, forme, colori, trame superficiali, sono la manifestazione della luce.

Quando ad esempio vediamo un oggetto, stiamo in realtà percependo la luce riflessa dalla sua superficie.

Avere una luce confortevole e gradevole è fondamentale per vivere bene gli spazi domestici.

“Esiste una luce per vedere” ed “esiste una luce per guardare” (cit. Richard Kelly):

  • la prima dovrà fornire i requisiti minimi per poter svolgere i compiti essenziali alla vita (studiare, cucinare, lavorare ecc…);
  • la seconda dovrà stimolare il nostro inconscio, fornendoci una sensazione di benessere psicofisico.

Pertanto in una buona illuminazione vi sono dei valori di tipo quantitativo e dei valori di tipo qualitativo.

CONCETTI DI OTTICA

L’illuminazione è un fenomeno fisico, caratterizzato da una sorgente luminosa (ad esempio la lampada che ho sul tavolo) che emette delle radiazioni elettromagnetiche; le quali raggiungono una superficie (ad esempio le pagine del libro che sto leggendo) che vengono in parte assorbite ed in parte riflesse (il bianco della carta è luce riflessa mentre i caratteri neri dell’inchiostro sono luce assorbita).

La parte riflessa rimbalza fino alla retina dei nostri occhi, consentendo la nostra visione.

Ogni tipo di luce è contraddistinto da una serie di onde elettromagnetiche, che possiedono un propria intensità ed una propria lunghezza.

Ciascun’onda, in un determinato intervallo di tempo, raggiunge un valore di intensità massima, poi l’intensità diventa minima, per ritornare infine al valore iniziale. Per fare ciò, l’onda copre una distanza, che è la sua lunghezza (espressa in nanometri). Ogni lunghezza d’onda viene interpretata dalla vista umana come un colore. Il tre colori principali (RGB), miscelando i quali si ottengono tutte le colorazioni luminose, hanno le seguenti lunghezze d’onda:

  • ROSSO =700,47 nm
  • VERDE=546,09 nm
  • BLU =455,79 nm

Una sorgente luminosa che produce luce bianca contiene tutta una gamma di onde che va dai 380 nm ai 780 nm, che viene detta spettro visibile.

La superficie dell’oggetto investito dalla luce, ha la capacità di assorbire alcune onde luminose; pertanto solo le restanti riflesse arrivano alla nostra vista, manifestando i colori che vediamo.

SORGENTE LUMINOSA

Anche se la luce bianca ha tutta la gamma di lunghezze d’onda, le intensità di tali lunghezze possono essere disomogenee.

Tali differenze sono stimate nello spettro luminoso, che caratterizza invece le onde emesse dalle varie sorgenti.

In particolare, quanto più questo spettro tende ad essere continuo e costante, tanto più i colori di un oggetto illuminato saranno ben distinguibili e quindi avremo una luce di “qualità”.

Nella pratica tecnica per misurare la qualità della luce si usa un indice, detto di resa cromatica CRI (color renderig index) espresso in Ra, che è un punteggio che va da 50, per una pessima qualità cromatica, a 100, per la massima qualità cromatica. Tendenzialmente:

  • le lampade alogene ad incandescenza presentano un’ottima resa cromatica;
  • le lampade fluorescenti e quelle ad alogenuri metallici presentano invece una qualità di resa cromatica da buona a mediocre;
  • le lampade a led mediamente possiedono una buona resa cromatica.

Pertanto, quando acquistiamo delle lampade nuove, è importante valutare questo indice (preferibilmente almeno Ra=90).

Alcune tipologie di lampade (fluorescenti e led), possono essere realizzate in diverse varianti, che si differenziano per la tendenza ad esaltare i toni di colore blu, quelli intermedi gialli o quelli rossi. Questa caratteristica definisce un altro aspetto di natura qualitativa della luce, detto temperatura colore, che si misura in gradi K (kelvin).

Così la stessa lampada può essere prodotta in tre tipi:

  • luce calda (3000 K, Warm white);
  • luce neutra o naturale (4000 K, Neutral white);
  • luce fredda (6000 K, Cold white).

La luce a led, che è la tecnologia più recente e ad oggi anche la più utilizzata, ha il vantaggio di avere uno spettro luminoso che non esce dal campo visibile; evitando spreco energetico.

Oltretutto vi sono applicazioni in cui questo è un requisito imprescindibile, come ad esempio, la conservazione dei dipinti, dove valori alti di luce ultravioletta o infrarossa danneggiano le pitture.

Una sorgente a led è composta da piccoli elementi accostati tra loro, che possono averere variazioni cromatiche piccolissime. Al fine di rendere queste variazioni impercettibili all’occhio umano, si misura la SDCM (Standard Deviation of Colour Matching – deviazione standard della corrispondenza colore) della consistenza cromatica, suddivisa in 7 steps. Per l’occhio umano, le variazioni di colore dell’ellissi di MacAdam entro il 3° step  sono impercettibili.

SUPERFICIE DI INCIDENZA

Una buona illuminazione prevede che la luce incidente su una superficie venga riflessa nella giusta quantità.

Una intensità della luce troppo bassa può rendere la visione mancante di dettagli, rispetto a: colore, tessitura superficiale, rugosità, lucentezza e trasparenza (sottoesposizione); viceversa una eccessiva illuminazione copre i dettagli con la luce stessa (sovraesposizione).

La quantità di energia luminosa emessa da una sorgente in un secondo è detta flusso luminoso e si misura in lumen (lm).

Parte di questa energia, che impatta su una superficie, fornisce un valore che viene definito illuminamento. Esso misura la luce distribuita su una superficie di un metro quadro, ed è rappresentato da una grandezza detta lux (lx=lm/mq).

Come ben sappiamo questa luce viene poi riflessa e diretta ai nostri occhi secondo una data direzione.

La radiazione luminosa lungo una direzione è un’altra grandezza illuminotecnica, detta luminosità (o intensità luminosa) e misurata in candele (cd).

Questa, se riflessa da una superficie, definisce invece la  luminanaza (L=cd/mq), che è fondamentale per valutare l’abbagliamento luminoso. Questo fenomeno avvertito come un fastidio agl’occhi, si verifica quando, ad esempio, portiamo lo sguardo verso un riflettore mentre le pareti della stanza sono buie.

Tutti i principali compiti visivi che richiedono concentrazione (come: cucinare, studiare, lavorare ecc) possono essere misurati con le grandezze illuminotecniche prima descritte, i cui valori ottimali sono definiti dalle norme tecniche (UNI 10830).

COMPONENTI PSICOLOGICHE

Quando l’illuminazione è debole ci sentiamo poco tranquilli; al contrario, se questa ci investe con elevata intensità, crea in noi una sensazioni di disagio, poiché sentiamo violata la nostra intimità.

Quindi, la sensazione di benessere, che genera una buona illuminazione, è molto legata anche alla sfera emotiva. Le componenti psicologiche coinvolte sono innumerevoli e sono anche alquanto soggettive.

Tuttavia vi sono delle necessità biologiche comuni a tutti gli individui.

L’orientamento è la funzione essenziale per muoverci nello spazio.

Capire i percorsi, gli accessi, le uscite e le zone di sosta ci rende tranquilli nel muoverci e ci fornisce anche una sensazione di sicurezza.

L’illuminazione di un ingresso dovrà essere sottolineata con una luce d’accento, avente intensità maggiore rispetto ad una luce generale di sfondo, rendendo così subito riconoscibile l’entrata.

È necessario che i percorsi siano illuminati in maniera continua e con intensità costanti. La luce potrà essere anche più morbida, ma deve rendere ben visibile il pavimento su cui camminiamo.

I luoghi destinati a “stare” devono avere un illuminazione flessibile, distinta per zone e modificabile per intensità, in maniera da ottenere diverse atmosfere luminose, rispecchianti ogni volta diversi bisogni visivi.

Un soggiorno, ad esempio, potrà essere illuminato da una luce generale a bassa intensità per l’intero ambiente, ed avere altre sorgenti luminose per illuminare le aree del divano e favorire una conversazione o intensificare la luce vicino ad una poltrona per consentire la lettura.

La comprensibilità è la caratteristica di rendere chiara ed ordinata la percezione dello spazio.

L’illuminazione dovrà distribuirsi in ogni angolo creando una luce di sfondo omogenea, su cui vengono messe in risalto le strutture architettoniche ed ogni altro elemento caratterizzante lo spazio.

Al fine di sottolineare degli elementi di tipo lineare, come ad esempio pilastri e travi, si potranno utilizzare delle sorgenti con coni di diffusione stretti che producono un’illuminazione concentrata (tipo spot); se invece si desidera dare una sensazione di profondità all’intera parete, basterà illuminarla in maniera omogenea con l’utilizzo di sorgenti luminose con attica asimmetrica (tipo wall-washer); in questo modo la luce potrà essere utilizzata per disegnare lo spazio.

Inoltre sarebbe importante avere informazioni su ogni aspetto legato all’abitare; come ad esempio osservare il tempo meteorologico o contemplare il paesaggio esterno da una finestra. In tal caso si dovrebbe illuminare bene l’esterno ed evitare di illuminare l’interno della parete finestrata, creando un contrasto di luminanze omogeneo.

La comunicazione di un’illuminazione mira a descrivere ciò che si osserva.

In una superficie piatta, come ad esempio quella di un quadro, la luce dovrà consentire di focalizzare l’attenzione sui dettagli. Una collocazione della sorgente luminosa a soffitto, non radente alla parete che lo ospita, è il giusto compromesso per evitare riflessi indesiderati ed ombre generate dall’osservatore.

Per l’illuminazione di una scultura, invece, è necessario esaltare la plasticità, generando le ombre proprie sui volumi e creando dei gradienti luminosi sulle superfici curve. Anche in questo caso si dovranno evitare i riflessi indesiderati e le ombre dell’osservatore, angolando la luce in modo che generi le ombre proprie dell’oggetto.

La sorgente potrebbe avere diverse ottiche:

  • di tipo spot, dove la lente concentra il fascio di luce in un’area ristretta, generando un contrasto tra parti illuminate e parti in ombra;
  • di tipo flood, dove la lente amplifica l’ampiezza del cono luminoso, generando uno a fascio largo, che illumina in maniera più decisa al centro e più morbida ai lati;
  • di tipo ellittica (detta per “sculture”), in cui la lente, per via delle scalettature lineari, rende la proiezione del fascio di forma ellittica, consentendo una distribuzione migliorata della luce quando la sorgente è angolata.

Tutte le tipologie di sorgenti luminose qui descritte, un tempo erano appannaggio della scenotecnica museale. Oggi, però, alcune aziende propongono prodotti che integrano lente e proiettore tipo PAR (riflettore parabolico rivestito internamente con film in alluminio specchiante) che si rendono adatti all’utilizzo in ambienti domestici senza grossi investimenti economici.

Le soluzioni di illuminazione sono innumerevoli, e molto è demandato anche al lato creativo di chi sperimenta e allestisce i diversi scenari. Ecco perché oggi il progetto della luce è considerato sempre più un processo artistico, segnando il passaggio dall’illuminotecnica al “light design”.

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